"Inizia la commercializzazione del tartufo nel sanminiatese, i mercati delle grandi città accolgono i nostri abbondanti e preziosi tartufi dando un cospicuo aiuto economico alle famiglie locali. I tartufai aumentano e la filiera commerciale prende piede.
Vediamo nei dettagli chi furono gli attori di questa nuova risorsa"
.....Gazzarrini seppe ben organizzarsi come venditore: aveva anche un recapito a San Miniato in una botteghina, oggi scomparsa, nei pressi di Via della Cisterna. Bottega condotta, a quanto sembra, da Emilio Ercolani, il «trillo». Nella zona c’erano anche altri venditori di tartufi, Giorgio e Giacomo di San Miniato e altri di Balconevisi: Tonelli, Pancanti, Cecconi, ma poi restò solo il Gazzarrini, che commerciava tartufi in tutta Italia: Milano, Torino, Roma. Commercianti di Alba come Morra si rivolgeranno allo stesso Gazzarrini per forniture anche di 2-3 quintali per volta, anzi spesso Morra era ospitato in casa dal Gazzarrini fino a che non ripartiva verso Alba una volta avuta la partita di tartufi desiderata.
Molti compratori di tartufi di tutta Italia venivano nel sanminiatese: vivo è il ricordo di un certo Agostino Bonora, bolognese, che veniva due volte alla settimana; i milanesi Galli e Riva, Ugo Merciai, Leonardo Prococci di Firenze, Antonio Fava, Ferdinando Grazioli, altri commercianti locali come «Balilla» di Certaldo, Milani di Castelfiorentino.
Negli anni Venti Primo Novembre, detto «Giorgio»,
gestore dell’albergo
ristorante la Tazza d’Oro
situato in piazza Bonaparte, regalò un magnifico
esemplare di tartufo al re Vittorio Emanuele, ricevendone solo un
formale ringraziamento e, poiché non fu ammesso fra i fornitori
ufficiali della casa reale, non fece altre spedizioni.
Tra le
figure caratteristiche di tartufai si ricorda il «monchino», Italo
Boschi o Vasco Cerri, venditore di preziose «palline» profumate per
pochi soldi a San Miniato in piazza del Seminario. Piano piano nelle
campagne in molti si dedicarono a questa attività stagionale, quasi
tutti erano boscaioli o contadini che con la ricerca dei tartufi
arrotondavano il loro magro reddito, per sfamare la famiglia spesso
molto numerosa. Si può dire che la ricerca del tartufo abbia aiutato
tanti a combattere la miseria. Oltre ai cercatori, erano coinvolti in
questa attività anche coloro che aiutavano il Gazzarrini (gli stessi
Cecconi, Gemignani) e quelli che collaboravano alla spedizione dei
tartufi, portandoli alla stazione con la bicicletta. Verso gli anni
Trenta Leonardo Gemignani, che aveva l’appalto a Balconevisi ed era
facilitato, per questo, nella raccolta del prodotto, si mise in
proprio, come il Costagli de La Serra. I tartufi a quel tempo erano
diffusissimi e ogni cercatore trovava anche oltre un chilo di tartufi
al giorno, solo Gazzarrini ne raccoglieva quotidianamente anche 70-80
Kg di cui 10-12 a Bucciano, 25-30 a Corazzano e gli altri a
Balconevisi. Il Gemignani commerciò nel 1940 ben 741 chili di
tartufo bianco, l’anno successivo 537 e nel 1942 addirittura 946
chilogrammi; considerato che il Gazzarrini aveva molti più tartufai
si può pensare che potesse anche più che raddoppiare queste cifre.
Viste
queste premesse le nostre ricerche si sono concentrate nella
Valdegola e poi si sono focalizzate su Balconevisi, una frazione a 6
chilometri da San Miniato, patria di Stagnazza, dove operavano
attivamente i venditori Gazzarrini e Gemignani, che fra l’altro
conferivano il tartufo anche al commerciante albese Morra,
ricordandoci di quello che ha scritto il Marini a proposito del
tartufo più grosso.
I tartufi
erano talmente tanti rispetto a oggi che non è possibile neanche
fare un confronto. Ogni famiglia di Balconevisi, si può dire, andava
a fare i tartufi. Si partiva a notte fonda, per anticipare gli altri
cercatori e per poter andare al mattino a lavorare, avventurandosi, a
piedi, per sentieri e strade impervie, col fedele cane. Il tartufo
per queste zone è stato la manna dal cielo, in un periodo in cui la
miseria era fortissima la sua raccolta ha aiutato decine e decine di
famiglie a sopravvivere e ad avere un reddito integrativo rispetto a
quello magro, che poteva dare il lavorare nella terra o nei boschi.
Il cane era un bene prezioso e viveva spesso a Balconevisi nelle case
in paese, insieme a tutta la famiglia.
Dai soli
quaderni di Gemignani si evince che, all’inizio degli anni
Cinquanta, i tartufai di Balconevisi, su una popolazione di poco più
di 900 abitanti, erano quasi un centinaio, molti abitavano nei poderi
intorno al paese, a Buecchio, a Fornacino, a Montoderi, a Collegalli.
Gazzarrini e Gemignani commerciavano centinaia di chili di tartufi
locali. Senza contare i tartufai che venivano conferiti loro da
Montaione, Volterra, Chiecina, Palaia. Fermandosi a quelli raccolti
in Balconevisi da Gemignani si può vedere che sono diversi quintali
nel 1951 e nel 1952, con una raccolta triplicata nel 1954.
Dai
Quaderni di Gemignani, dove egli annotava delle consegne, si può
trarre un elenco dei primati del 1954, annata eccezionale dove
diversi tartufai conferirono alcune decine di chilogrammi di
prodotto, fra di essi si possono ricordare: Secondo Fatticcioni, suo
fratello Primo (detto Maso), Romeo Nannetti, di Buecchio, e tutta la
sua famiglia (detta Rabai) e diversi altri oltre 20 chili. Quell’anno
i tartufi venivano pagati ai tartufai da £ 3.000 a £ 6.000 al
chilogrammo, secondo il periodo della stagione, che andò da metà
agosto a metà gennaio, il record della raccolta si ebbe in novembre
con 210 chilogrammi. Quindi
quella del 1954 fu un’annata eccezionale ed è proprio in tale anno
che è stato trovato a Balconevisi il record dei record del tartufo
bianco...
" Il 1954, grande annata di raccolta, Come sicuramente saranno state anche le altre annate di quei tempi. Il raccolto con gli anni è andato sempre più diminuendo, tutti sappiamo perché....
Presto la quinta puntata di questa storia che si fa sempre più interessante: chi ha trovato il grande tartufo? in quale zona? quali valli venivano frequentate?
Lo sapremo presto..."
Nessun commento:
Posta un commento